Il campionamento dendrocronologico consiste nel misurare l’ampiezza degli anelli di accrescimento in direzione radiale, ovvero quella che va dal midollo verso la corteccia. Ciò è possibile sia sulla sezione trasversale, ad esempio la testa di una trave, sia su quella longitudinale radiale.
La tecnica di datazione dendrocronologica offre la possibilità di poter calibrare il campionamento in base alle esigenze specifiche e dunque a seconda delle condizioni di lavoro, dell’importanza del manufatto, eccetera. Possiamo distinguere metodi di campionamento non invasivi o invasivi e tra questi ultimi quelli distruttivi, semi-distruttivi e non-distruttivi[1].
Tra i metodi invasivi e distruttivi abbiamo l’asportazione di porzioni di travi, pratica piuttosto frequente nei casi di restauro di elementi degradati, soprattutto nelle parti di contatto tra legno e muratura. Per le analisi dendrocronologiche basta avere a disposizione una sezione perpendicolare alla lunghezza della trave, dello spessore di 4-5 cm da sottoporre a misurazione diretta degli anelli in laboratorio tramite l’opportuna strumentazione.
In maniera invasiva, ma non distruttiva, sulle travi e sugli altri elementi strutturali si possono effettuare carotaggi con trapani elettrici carotatori. Si tratta di punte realizzate appositamente per il legno in opera, che vanno applicate a un trapano elettrico. Di solito questi sistemi sono considerati semi distruttivi, in quanto causano fori di circa 1-2,5 cm di diametro e rischiano quindi di avere un forte impatto visivo. L’impiego del trapano elettrico, tuttavia, può provocare dei problemi per il surriscaldamento e la conseguente deformazione dei campioni e quindi a esso si preferisce talvolta la trivella a mano.
Quest’ultimo strumento (detto anche trivella di Pressler, in inglese increment borer) risulta sempre invasivo, ma producendo fori di soli 5 mm di diametro è considerabile del tutto non distruttivo; esso inoltre consente l’estrazione di carote anche molto lunghe (fino a 30, 40 cm). I fori possono essere lasciati aperti oppure chiusi con stucco o appositi tappi di legno che rendono il campionamento invisibile.
Tra le tecniche non invasive esistono il campionamento fotografico, utilizzato in tutti i casi in cui gli anelli siano distintamente visibili a occhio nudo. I problemi di parallasse o quelli dovuti alle deformazioni per effetto della forma delle lenti si sono dimostrati più teorici che pratici. Comunque, per precauzione, è bene non impiegare il campionamento fotografico nei casi in cui si intenda utilizzare le serie dendrocronologiche per altri fini come per ricostruzioni climatiche o ecologiche. Al contrario, se lo scopo è la sola datazione, il rilievo fotografico degli accrescimenti anulari è molto efficace.
Un sistema sviluppato recentemente è quello che lega un dendrocronografo portatile a una telecamera digitale. Trova applicazioni ottimali nei musei dove gli oggetti non sono facilmente amovibili (Bernabei et al., 2010), ma eccellenti sono anche gli impieghi su legno strutturale. Lo strumento offre il vantaggio di poter misurare in situ gli anelli del legno e verificare immediatamente la qualità del campionamento.
Merita menzione, infine, una tecnica tradizionale e ancora
molto efficace nella sua semplicità e che consiste nel riportare l’andamento
degli anelli su un foglio di carta, tracciando un trattino in corrispondenza
del limite del legno tardivo. La distanza tra i segni sarà poi misurata in
laboratorio e consentirà di ottenere una discreta serie dendrocronologica a
patto che gli anelli non siano troppo sottili.
[1] La differenza tra invasivo e non invasivo è a seconda che si renda o meno necessaria l’asportazione di materiale dal manufatto. Per quanto riguarda la distruttività si fa qui riferimento alla perdita funzionale o meno del manufatto campionato.